«Sostenibile» è uno degli aggettivi che da tempo egemonizza molta saggistica e chiama in causa temi come l'inquinamento, la vivibilità nei grossi conglomerati, il degrado delle periferie, il costante deterioramento dell'ambiente incapace di resistere all'aggressione di un progresso appiattito sul profitto e sulla ricchezza. Seppur lentamente, si sta facendo strada l'idea che si debba voltar pagina per lasciare alle future generazioni un bene, il Pianeta, di cui abbiamo goduto, ma che abbiamo ricevuto in prestito dalle generazioni passate per riconsegnarlo a chi verrà dopo di noi. Il tempo stringe, ma abbiamo a disposizione un patrimonio da spendere, la cultura, intesa nella sua più ampia accezione. Solo una piena consapevolezza del problema e la volontà di metterci alla prova potrà farci risalire la china. Il primo, forse l'unico vero destinatario di queste scelte epocali è la natura, dapprima considerata nemica, ora paradossalmente vittima dell'uomo. Ma la natura siamo anche noi, che abbiamo il potere di cambiare le regole del gioco. Per far ciò non possiamo più fare affidamento solo sulla tradizione e il buon senso. Urge un salto di qualità, dobbiamo dotarci di un bagaglio di conoscenze scientifico-tecniche adeguate. E da dove cominciare se non dal mondo agricolo contadino? Nella organizzazione lavorativa di una fattoria si trovano le condizioni ideali per una nuova sintesi tra il dire ed il fare, fra teoria e prassi, tra passato e futuro. Le fattorie agricole possono diventare un centro propulsore di cambiamento culturale, luoghi dove sviluppare un'imprenditorialità intelligente, legami socio-comunitari, servizi educativo-formativi e soprattutto una produzione alimentare alternativa, ponendo come prioritario il nostro benessere attraverso la salvaguardia dell'equilibrio ecologico del Pianeta. In questo contesto di riscoperta delle potenzialità del lavoro agricolo (multifunzionale) trova un leva necessaria la pedagogia per aggiornare una propria branca definita «pedagogia del lavoro», succube finora se non appiattita sulle teorie della formazione, di stampo prevalentemente psico-socio-economico. Molte sono le questioni affrontate in questo ampio saggio - la storia, la tecnica, la co-produzione, la biodiversità, l'equilibrio dell'ecosistema ecc. - ma la questione che più ha guidato queste riflessioni è legata all'auspicio che, cominciando a ragionare in questi termini, si aprano nuove prospettive occupazionali per una generazione indifesa di giovani senza futuro, cui abbiamo sottratto, con il lavoro, un'occasione irripetibile di autoconoscenza e maturazione personale nel contatto davvero formativo con la realtà materiale, umana e sociale.
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