L'autore riprende la sua tesi di un Islam come religione ibrida, cioè politicamente impegnata nella sua fede "imperialistica"", approfondendone tre temi: le migrazioni in corso verso l'Occidente, le diffamazioni di cui l'Islam sarebbe vittima, la persistente non separazione tra religione e stato. Secondo l'autore complessivamente l'Islam si trova di fronte a società che hanno storicamente segnato i tratti attuali della globalità con telecomunicazioni, trasporti, sanità, diritto, e cioè con mutamenti utili a tutta l'umanità, al cui conseguimento le società islamiche non hanno contribuito, rimanendone passive beneficiarie. Nella loro statualità le società islamiche risultano in coda, nelle graduatorie internazionali, per democraticità, e ai primi posti per corruzione, nonostante l'assunto che nella loro religione è la soluzione di tutti i problemi socio-politici, diritti e benessere della popolazione inclusi. Lamentare diffamazione ed islamofobia sembra un pretesto per non accettare semplici constatazioni, da ultima quella relativa alla chiusura di frontiere a migrazioni, e relative responsabilità."
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