Dante non è stato certo un giurista, ma in più passi delle sue opere si è interessato al diritto. Anzi, ad esso riconosce una funzione straordinaria: quella di assicurare equilibrio sociale e di pacificare gli uomini. Il volume, dapprima, esamina l’idea che Dante ha avuto del diritto, connessa all’idea di giustizia, prendendo le mosse dalla percezione che del fenomeno ebbero gli uomini del suo tempo e tracciando un florilegio di riferimenti giuridici nell’ambito della sua vastissima produzione. Poi, ricostruisce l’ideale universalistico di Dante, rileggendo in particolare lo studio sulla monarchia, che governa mediante la legge, alla luce del complesso pensiero aristotelico. Infine, esamina la lettura data da Hans Kelsen, forse il più importante teorico del diritto del XX secolo, della dottrina politica dantesca, che il giurista austriaco compie, a soli ventiquattro anni, nella monografia dal titolo Die Staatslehre des Dante Alighieri (Vienna, 1905). Chi leggerà questo volume dovrà convenire sul debito di Dante nei confronti di Aristotele: quello ufficiale dell’Etica o della Politica; non escluso quello, talora considerato spurio, della lettera ad Alessandro Magno “sul regno”…
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