Il rapporto tra storia e scienze sociali è la marca distintiva di «Meridiana». Per questa ragione abbiamo deciso di farne il tema centrale del numero 100 della rivista, nella convinzione tuttavia che esso stia acquisendo una nuova rilevanza, soprattutto se declinato in termini di interdisciplinarietà. Il fascicolo propone quindi un ricco itinerario di temi e problemi. Il percorso prende avvio con una riflessione sul rapporto tra natura e società, richiamando il dibattito sull'Antropocene e il dialogo con altre conoscenze disciplinari. In particolare sono messe a fuoco le relazioni tra scienze naturali e scienze sociali, sottolineando la crescente necessità di assegnare a queste ultime un ruolo più centrale nelle questioni relative all'ambiente. In un altro contributo si mostra come le scienze sociali siano state meno «coraggiose» di quelle naturali, non riuscendo a cogliere e a prendere sul serio l'importanza delle scoperte della fisica quantistica. Da queste analisi emerge la preoccupazione di recuperare la dimensione applicativa del sapere delle scienze sociali, la loro capacità di presidiare il senso comune e di prendersi cura del reale. L'attenzione si sposta poi sul dibattito sull'eurocentrismo e la «provincializzazione dell'Europa». Il punto di vista storiografico è messo qui a confronto con la prospettiva degli studi postcoloniali, a una parte importante dei quali viene rimproverato un orientamento destoricizzato e decontestualizzato. Si evidenzia in questo caso un difetto di comunicazione e integrazione tra discipline diverse. Un esempio ben riuscito di pratica interdisciplinare riguarda invece lo studio dei processi di costruzione sociale del male, affrontato prendendo in esame le rappresentazioni simboliche tipizzate che alimentano l'immaginario sociale e si diffondono con successo nella sfera pubblica. Un'altra lettura interdisciplinare è relativa alla riscoperta del pensiero utopico da parte delle scienze sociali. L'utopia può essere un potente antidoto contro il «principio rassegnazione», evocando l'importanza del futuro come progetto individuale e collettivo. Viene poi problematizzata la crisi della democrazia, contestualizzando il ruolo politico dello Stato e la questione dei differenziali di potere tra governanti e governati. Spostandoci sul versante del funzionamento dell'economia, è proposta una critica dell'idea di homo economicus, soprattutto del fatto che gli economisti la difendano senza troppo curarsi dei danni sociali che produce. Successivamente l'attenzione è rivolta ai processi di mutamento sociale, indagati attraverso l'analisi dei reticoli sociali e gli strumenti messi a punto dalla microstoria e dalla storia orale. Un altro contributo si sofferma sull'approccio biografico, considerato come prospettiva teorica e metodologica per studiare il mutamento politico. E un altro ancora approfondisce la sociologia di Norbert Elias. Come rivelano nel complesso i saggi di questo numero, la ricerca interdisciplinare richiede capacità di apertura e di dialogo. Non si tratta di annullare i confini delle discipline, quanto di creare condizioni e possibilità che ne consentano un superamento o, quantomeno, un attraversamento, incentivando pratiche conoscitive orientate alla contaminazione dei saperi. È quello che da sempre cerca di fare «Meridiana».
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