L'invito a "non farsi rubare la speranza"", specialmente in questo tempo di crisi per le società occidentali, è stato espresso con forza da papa Francesco fin dall'inizio del suo ministero petrino, ed è diventata poi nel tempo una costante del suo Magistero. La caduta delle ""grandi narrazioni"" (Lyotard) che hanno segnato la parabola moderna, investe anzitutto quella fiducia nel progresso e nel futuro con cui la modernità ha sostituito la fede nella Provvidenza. Al vuoto lasciato dall'attesa di un futuro migliore sul piano storico e mondano seguono due atteggiamenti distinti, ma collegati: un senso di rassegnazione a vivere il momento presente e il godimento immediato come unica dimensione del tempo che ancora ci è dato esperire; e l'emergere di ""utopie negative"" e nuove paure che prospettano presagi di catastrofe o di fine del mondo imminente, come effetto di una crisi globale sul piano ecologico o finanziario, o sulla base di miti o narrazioni pseudo-apocalittiche che circolano a gran numero nell'Occidente postmoderno. Ma proprio questo contesto culturale postcristiano, privo di autentica speranza, può rivelarsi un singolare kairòs, un'opportunità inedita, per l'annuncio del ""Vangelo della speranza"" (Giovanni Paolo II) al nostro tempo. Spetta alla teologia in quanto coscienza critico-riflessiva della fede, indicare piste e direttrici feconde attraverso cui poter ""dire"" la speranza al mondo di oggi. Attraverso un percorso che si snoda in vari passaggi e in dialogo con alcune tendenze e voci significative della riflessione teologica contemporanea (Durand, Mendoza-Álvarez, Appel, Theobald) si tratta di mostrare l'eccedenza della speranza teologale del cristiano rispetto alle varie trasposizioni e riposizionamenti operati dall'escatologia secolare moderna. Il punto di approdo di tale percorso sarà il delinearsi di una ""speranza migliore"" (Eb 7,19) di quella prospettata dalla modernità con la sua fede nel progresso e nel futuro, ma anche del semplice senso di rassegnazione postmoderna con la sua egemonia dell'istantaneo e dell'effimero; una speranza che proprio attraverso il confronto con il contesto culturale contemporaneo può riguadagnare la sua singolarità e la sua irriducibilità rispetto ai transferts operati dal moderno, e lanciare la sua provocazione in termini di nostalgia del definitivo al nostro tempo. Ciò che l'attesa cristiana può offrire al mondo di oggi è forse proprio una rigenerazione dell'esperienza del tempo a partire da un'attesa che è radicata nella memoria resurrectionis e chiama a vivere il presente come anticipazione del Regno che viene."
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